a cura di Elisa Zuri

Un anno fa ho avuto un bambino e il mio sacro tempo per leggere è sparito. E’ stata una delle cose che mi è mancata di più, perché leggere è il mio modo per riposarmi, per farmi passare tensioni, umori cattivi e per viaggiare, anche quando non posso farlo. Però, è accaduta una cosa magica.

Ho iniziato a cercare libri per bambini. Per leggere delle storie al mio appena nato, per imparare un linguaggio che mi avvicinasse a lui, ma anche, grazie alla brevità delle fiabe per bambini, per poter finalmente arrivare in fondo a una storia! Così, mi sono imbattuta nella storia della quaglia e del sasso.

La conoscete? Ve la racconto.

Lei era una quaglia. Dicono che non fosse molto intelligente e che gli altri animali la amassero per questo. Doveva avere, insomma, l’aria un po’ innocua, niente competizione, niente obiettivi grandi da raggiungere. Sapeva stare dov’era, la quaglia. E sapeva starci bene. Non aveva mai covato uova, ma aveva avuto una bella vita. Volava, si procurava il cibo, godeva del sole e si riparava dalla pioggia.

Però, alla sua veneranda età, ogni tanto aveva una nostalgia. Una nostalgia non sapeva di cosa, perché non aveva grandi pensieri. Era una questione di odori mai sentiti, di sogni mai fatti, di fiabe mai narrate. E così, la quaglia, che secondo me era molto intelligente, si mise in cammino. Anzi, in volo.

Aveva in sé una strana agitazione e cominciò a guardarsi intorno.

Nel cielo non c’erano nuvole. Nell’aria nessun odore, niente volpi. In terra nessuna trappola. Insomma, tutto calmo. E perché allora si sentiva fremere tutta?

Stanchissima, arrivò alle pendici di una pietra vulcanica tutta scheggiata dal tempo e vide un sasso che era rotolato giù dal ghiacciaio ed era finito su quel prato morbido.

Qualcosa le parlò da quel sasso, perché improvvisamente sentì un sacco di cose. Si sentì scuotere da un fremito forte, le foglie cominciarono ad ardere, qualche piuma le si staccò dalla testa, il cuore le diventò caldo caldo e le zampe fredde fredde.

“Che stupida che sono, si disse. Vedo un sasso a forma di uovo e mi pare di volare! Quaglia camminatrice che non sono altro”. Ma, per fortuna, la quaglia non era molto intelligente (dicono…), smise di pensare, si accoccolò sul sasso e si sentì felice.

Passarono molti giorni. Beveva quando pioveva e mangiava quando acchiappava al volo qualche insetto. Non si mosse di lì. Stagione dopo stagione. Contava il tempo guardando il cielo e i colori del prato.

I fiori sbocciarono, l’erba ingiallì, le foglie volarono dagli alberi e la neve coprì di silenzio tutte le cose.

Poi, una mattina, la sua tranquillità finì. Arrivò un grande terremoto e le spostò il mondo su cui era poggiata. Il sasso sotto di lei prese a muoversi. Ebbe una paura, ma una paura, come mai ne aveva avuta prima.

Poi fu solo amore. Un enorme muso verde fece capolino dal sasso e la quaglia capì che quel sasso era un uovo, rimasto intatto da chissà quale epoca remota nel freddo del ghiacciaio.

Vide anche che quel muso verde in effetti non era bellissimo, ma capì che lei non sarebbe stata molto obiettiva in proposito. Lui la guardò e lei intravide un sorriso.

Qualcuno racconta che da allora capita di vedere passare una strana creatura, un T-Rex che porta sulla testa un piccolo cappello a forma di quaglia.

A me capita di accettare meglio la tristezza, perché è un invito al cammino.

E di sentirmi meno perduta se devo stare ferma. La creatività richiede tempo, inciampi e amore da tirar fuori.

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a cura di Elisa Zuri

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