a cura di Elisa Zuri

A Carmignano (PO), nella Pieve di San Michele, la Visitazione del Pontormo racconta il momento in cui Maria incinta si reca a far visita ad Elisabetta, anch’essa in attesa del suo primogenito, Giovanni Battista. Questo momento è raccontato nel Vangelo di Luca, che ci dice che il primo ad accorgersi della presenza del divino è Giovanni Battista nel grembo di Elisabetta, il quale, quando Maria si avvicina, giubila, dà un calcetto. Come a dire che ciò che è presente ma ancora nascosto, può essere colto solo con la purezza e la forza vitale di un altro neonato. E’ il primo riconoscimento pubblico di Gesù, ma vero protagonista del quadro è il senso del mistero, la realizzazione della volontà divina attraverso due maternità eccezionali, quella della giovane Maria ad opera dello Spirito Santo e quella di una Elisabetta anziana che non credeva di poter più avere figli. Le donne si riconoscono, si accolgono, si festeggiano e la loro capacità di accogliere questo evento straordinario le rende grandiose nel quadro, accese di colori, con volti trasparenti che raccontano preoccupazione e solennità, stupore e forza.

Il quadro racconta soprattutto che è attraverso il corpo di due donne che è possibile la nascita di Dio. Massimo Cacciari, che ha preso in esame questa Visitazione nel suo libro Generare Dio, ha evidenziato come un grande merito della pittura, rispetto alla filosofia o alla teologia, sia quello di saper mostrare la fisicità dell’incarnazione, il suo essere evento fisico oltre il logos, non riconducibile alla ragione. Alle donne è data un’importanza enorme. Hanno delle dimensioni gigantesche, le due figure di ancelle dietro di loro, che stranamente hanno le stesse dimensioni di Maria ed Elisabetta, rappresentano loro stesse e ci convocano nel quadro per dirci che sta accadendo qualcosa di importante che ci ri-guarda, la città sparisce al confronto. Nella filosofia o nella teologia Maria è la predestinata, strumento del volere di Dio. La pittura ci mostra qualcosa in più. Le ciocche di capelli di Maria sono, per la prima volta in questo quadro, scomposte, Maria è turbata, prova preoccupazione e paura ma sceglie di disporsi, con umiltà, per dare vita ad un Nuovo Evo. La sua grandiosità non sta in quello che le accade, ma nello scegliere di accogliere questo accadimento, nonostante tutti i rischi e il dover affrontare l’ignoto.

In fin dei conti, questo è quello che accade ad ognuno di noi ogni volta che si ha l’opportunità di cambiare. Anche se il cambiamento va verso qualcosa che si desidera e siamo in una situazione di sofferenza, il nuovo ci spaventa. Opponiamo resistenza, abbiamo paura a lasciar morire una parte di noi per accoglierne un’altra. Sembriamo addirittura preferire un male conosciuto ad un possibile bene sconosciuto. La Visitazione sembra invece suggerire: attenzione, il mistero porta con sé trasformazioni importanti o anche straordinarie.

Una cosa è allora interessante chiedersi: quante volte si nasce? Personalmente penso che si possa rinascere ogni volta che ci si permette di aprirci a quello a cui siamo affini, a cosa ci dà felicità. Che si osa un cambio di linguaggio, una descrizione diversa del mondo intorno. Una delle vie privilegiate per compiere questo salto è l’innamorarsi, un’altra è l’arte. L’arte è un grande strumento che abbiamo a disposizione, perché non parla alla ragione ma va diretta al sentire, è capace di emozionare, di meravigliare. E’ una grande occasione di svelamento.

Chi vuole provare a inseguire questa domanda e porsi davanti al mistero del Pontormo, può unirsi a Tempo Nomade per la camminata del 13 giugno 2020.
Per informazioni e iscrizioni: QUANTE VOLTE SI NASCE?

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a cura di Elisa Zuri

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